A seguito della sentenza del 25 settembre 2018, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 3, comma 1, delD.lgs. n. 23/2015 (c.d. Jobs Act), in merito alla quantificazione dell’indennità risarcitoria da corrispondere ai lavoratori licenziati, titolari di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato stipulato successivamente l’entrata in vigore delle nuove norme sui licenziamenti (ovvero dal 7 marzo 2015).
La Corte ha sentenziato di fatto che la previsione di un’indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dalla Costituzione.
Ricordiamo che la norma prevedeva un’indennità risarcitoria differente a seconda che si trattasse di aziende con un numero di dipendenti fino a 15 (c.d. tutela obbligatoria) o con un numero di dipendenti superiore (c.d. tutela reale), con un minimo di risarcimento da 3 a 6 mensilità, nel primo caso, e da 6 a 36 mensilità, nel secondo caso, con riferimento al numero di anni di servizio prestati, senza possibilità di determinazione discrezionale da parte del Giudice.
Si attendono, ora, auspicabili interventi legislativi volti a fare chiarezza sulle “ tutele crescenti”, nel rispetto dei principi costituzionali, che possa limitare i margini di incertezza sulla quantificazione dell’indennità risarcitoria per i datori di lavoro.
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