Il Category Management: creare valore con la gestione dell’assortimento

Il Category Management: creare valore con la gestione dell’assortimento

L’identità, il posizionamento competitivo (e, più in generale) il valore e il successo di un negozio sono fortemente determinati dall’assortimento (voi siete quello che vendete) e, soprattutto, da come questo viene gestito, spiegato, raccontato, esposto, comunicato (come lo vendete).
Approfondiremo, quindi, in questo e in successivi articoli la teoria e la pratica del Category Management, che, se pensato partendo da come gli articoli in vendita possono soddisfare i bisogni dei clienti, è molto di più che un mero elenco di prodotti divisi per categoria.

Cos’è il Category Management?

In effetti, dalla prima volta che se ne è sentito parlare sono passati ben trent’anni, quando tra il 1992 e il 1993 Brian Harris e Nielsen Marketing Research lo hanno definito come “Un approccio di management che considera le categorie merceologiche delle aree strategiche d’affari con il fine fondamentale di soddisfare i bisogni del cliente e conseguire adeguati obiettivi economici”.

Da quel momento in poi, molte sono state le definizioni di category management proposte fino a giungere nel 1995 a quella che è ancora oggi la più ampiamente diffusa, fornita da Efficient Consumer Response (ECR) Europe, secondo cui il category management “è il processo comune tra produttore e distributore che consiste nel gestire le categorie merceologiche come aree strategiche di affari, producendo risultati economici superiori tramite la focalizzazione sulla creazione di valore per il consumatore”.

Creare valore per il consumatore, e ancor prima per il cliente che visita il punto vendita, significa innanzitutto ripensare a come meglio organizzare l’assortimento, così che possa essere recepito con chiarezza e immediatezza, accrescendo la soddisfazione del cliente per il servizio reso e, in ultima analisi, rinforzando la relazione che lo lega al punto vendita.

Perché il Category Management?

Innanzitutto, perché aiuta a compiere scelte consapevoli e allineate ai bisogni del cliente.

Una migliore organizzazione dell’assortimento migliora la qualità della decisione di scelta da parte di un cliente sempre più confuso dall’eccesso di varianti di prodotto e che per questo motivo predilige in misura crescente la capacità dei punti vendita di selezionare un’offerta che sia coerente con i propri bisogni.

Proprio partendo dai bisogni è possibile ricostruire i processi di consumo e di acquisto e, analizzando i benefici ricercati, è possibile progettare la struttura dell’offerta, andando a identificare in modo chiaro quali necessità l’assortimento deve soddisfare.

Una volta definiti i confini dell’offerta, si potranno individuare i fattori che impattano sulle scelte di assortimento.

Si pensi, per esempio, a un negozio di abbigliamento che nel tempo ha ampliato la sua offerta per soddisfare un bisogno di esclusività e di appagamento estetico dall’abbigliamento, alla cosmesi fino a giungere alla decorazione della casa.

In questo caso, l’offerta potrebbe essere articolata in macro-categorie, quali: abbigliamento, bellezza, decorazione d’interni.

Una volta definite le macro-categorie è necessario articolarle in categorie e sub-categorie per ricostruire i processi di consumo del cliente, andando a identificare le possibili occasioni d’uso e i benefici ricercati in ogni situazione e, quindi, a definire l’insieme di prodotti che il cliente utilizza per soddisfare un determinato bisogno.

Per esempio, lo stesso processo del “vestirsi” può assumere forme (e dunque categorie) diverse, perché differenti sono i benefici ricercati dai consumatori: sentirsi comodi e a proprio agio vs. sentirsi importanti e unici.

A seguire ogni categoria viene scomposta in sotto-categorie: top (magliette, maglieria, abiti ecc), bottom (gonne, pantaloni ecc), capo spalla (giacca, cappotto ecc).Una volta definiti i confini dell’offerta, come si avrà modo di approfondire nei prossimi appuntamenti, il category management considera in modo esaustivo e contestualizzato i fattori che in maniera sinergica influenzano la definizione dell’assortimento: i clienti, i fornitori, i ruoli strategici delle categorie.

In sintesi, il category management è da intendersi, innanzitutto, come un linguaggio, un approccio per organizzare e gestire la varietà non solo di una categoria, ma anche di un intero punto vendita, al contempo educando il cliente, l’industria e la stessa distribuzione con il preciso scopo di massimizzare le opportunità di vendita, partendo da un’offerta di valore.

In questo senso, il category management aiuta a differenziare il punto vendita rispetto alla concorrenza, trasformandolo da uno spazio asettico progettato solo per vendere a un luogo di esperienze pensato e vissuto per creare e consolidare una relazione di fiducia con il cliente.

 

In quale scenario opera oggi il category management?

Fatte queste premesse, l’ambito di azione in cui oggi opera il category management non è certo tra i più semplici visto il consolidarsi di una serie di condizioni di contesto alquanto critiche:

  • le tensioni crescenti sui margini e sul fatturato derivanti anche (ma non solo) dal progressivo aumento dell’intensità promozionale;
  • assortimenti esplosivi dove le referenze basso rotanti non sempre possono essere eliminate;
  • l’incremento del lancio di nuovi prodotti che disorienta il cliente di fronte a un’esposizione e in un punto vendita dove regna la massificazione delle informazioni e la confusione;
  • spazi espositivi sempre più ridotti e intesi come un mero costo opportunità;
  • la necessaria adozione di approcci specifici per punto vendita derivanti dalla crescente varietà degli stessi;
  • la riduzione del tempo medio di visita dei clienti;
  • la ricerca di margini di canale mediante collaborazioni vincenti tra tutti i soggetti;

Un category management ampio o ristretto? Il caso italiano

Malgrado il category management sia inteso come un processo di pianificazione volto a tradurre le strategie di impresa prima di tutto nel piano strategico di categoria e, in secondo luogo, nel retailing mix di categoria, spesso nella pratica si traduce in interventi limitati alla sola fase operativa del processo, ovvero quella che coincide con la definizione delle politiche commerciali e di gestione dello spazio espositivo.

Dall’osservazione della realtà italiana emerge che molte delle sperimentazioni condotte dalle aziende sono riconducibili alla visione più ristretta di category management.

La giustificazione di tale approccio è facile: si tratta di operazioni che comunque producono risultati incoraggianti dal punto di vista della razionalizzazione dell’offerta e dell’utilizzo efficiente delle risorse (soprattutto quelle riconducibili allo spazio espositivo) e, al contempo, hanno una minore incidenza sulle risorse dedicate al progetto, così come sulla cultura aziendale e sulla struttura organizzativa.

Tuttavia, proprio perché si tratta di interventi più mirati, questi stessi non permettono di sfruttare appieno il potenziale innovativo del category management. Per tale motivo vengono definiti come progetti light.

A prescindere dal grado di approfondimento, sempre e comunque l’adozione del category management garantisce un modello di progettazione e gestione dell’assortimento fondato sul cliente volto a investire nella relazione con il proprio mercato obiettivo, innovare nell’offerta commerciale e caratterizzare il posizionamento del punto vendita. E non par poco in un contesto in cui il cliente premia il migliore rapporto qualità/prezzo e punisce un’offerta connotata anche solo parzialmente da superfluità.

Fonti delle immagini utilizzate:

Shutterstock.com

Categorie: Le Bussole