Parity rate – approvazione definitiva del ddl concorrenza

Parity rate – approvazione definitiva del ddl concorrenza

La legge per la concorrenza ed il mercato, approvata in via definitiva dal Senato dopo un iter durato più di due anni, mette finalmente al bando anche in Italia (dopo Germania, Francia ed Austria) le cosiddette clausole di parity rate, che sino ad oggi hanno impedito agli alberghi di pubblicare sul proprio sito internet condizioni più favorevoli rispetto a quelle presenti sui portali di prenotazione.

Una decisione che stabilisce un nuovo e più corretto equilibrio nel rapporto tra le imprese ricettive e le multinazionali dell’intermediazione, completando il percorso che l’Antitrust aveva iniziato, e ristabilendo parità di condizioni tra il sistema turistico italiano e quello di importanti paesi concorrenti.

Il nuovo sistema, oltre a generare vantaggi per i consumatori (ai quali si offre la possibilità di accedere a tariffe più basse o altri trattamenti di favore), apre nuovi spazi per le imprese (che potranno sviluppare liberamente le proprie politiche commerciali) e per l’erario (che beneficerà di un maggior gettito, altrimenti destinato ad altri stati o ai paradisi fiscali).

Nei giorni scorsi, ACS Marketing Solutions ha intervistato per conto di Federalberghi un campione rappresentativo della popolazione italiana, rilevando che – per l’estate 2017 – il 55,3% degli italiani ha prenotato la propria vacanza rivolgendosi direttamente all’albergo, mediante il sito internet della struttura (24,0%) o contattandola mediante telefono, mail o altro mezzo (31,3%).

Si tratta di un dato molto interessante che testimonia l’interesse dei consumatori per il contatto diretto con la struttura ricettiva, contatto che sino ad oggi è stato ostacolato da una disciplina obsoleta, che impediva di utilizzare sino in fondo le potenzialità dei siti internet degli alberghi.

Nel rapporto tra l’ospite e l’albergatore, così come in qualsiasi altro campo della vita, il contatto diretto contribuisce a rafforzare e a personalizzare la relazione. Inoltre, il contatto diretto consente ai turisti di ricevere informazioni di prima mano in relazione alle disponibilità, alla possibilità di soddisfare richieste specifiche e di beneficiare di eventuali offerte speciali o servizi e condizioni particolari.

Il nuovo sistema apre nuovi spazi per le imprese che potranno sviluppare liberamente le proprie politiche commerciali ed effettuare nuovi investimenti: siti internet più performanti, formazione dei collaboratori, sull’informazione degli ospiti. A loro volta, i portali, non potendo più contare sulla rendita di posizione offerta dalle clausole di parity, dovranno investire sulla qualità del servizio e sulla riduzione delle commissioni.

 

Approfondimento: le regole sulla parity rate, in Italia e all’estero

La Germania è stato il primo paese europeo a vietare le clausole di parity rate, con una decisione dell’Autorità antitrust del dicembre 2013, poi confermata nel gennaio 2015dal tribunale amministrativo di Düsseldorf, che ha respinto il ricorso dei portali.

Il 21 aprile 2015, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, a conclusione di un procedimento aperto su istanza di Federalberghi, ha assunto una decisione che consente agli alberghi italiani di praticare condizioni di miglior favore avvalendosi di canali offline (telefono, posta elettronica, etc.), fermo restando però il divieto di pubblicarle “in chiaro” sul sito internet della struttura. Analoga decisione è stata assunta lo stesso giorno dalle Autorità antitrust di Francia e Svezia.

Dopo pochi mesi, il Parlamento francese, ritenendo che la decisione delle Autorità fosse insufficiente, ha bandito del tutto le clausole di parity rate, con la legge Macron, entrata in vigore nel mese di agosto 2015.

Un’analoga riflessione si è aperta in seno al Parlamento italiano, nell’ambito della discussione del disegno di legge per la concorrenza ed il mercato. Ma la relativa proposta, approvata dalla Camera dei Deputati il 7 ottobre 2015 pressoché all’unanimità (434 favorevoli, 4 contrari e 3 astenuti) ha poi proseguito il proprio iter con l’andatura lenta del provvedimento in cui era stata inserita: approvazione (con modificazioni, che riguardavano altri argomenti) in Senato il 3 maggio 2017, nuova approvazione (e nuove modificazioni) alla Camera il 29 giugno 2017 e, finalmente, l’approvazione definitiva in Senato il 2 agosto 2017, dopo un dibattito durato 851 giorni.

Il 9 novembre 2016, anche l’Austria ha posto il veto alle clausole di parity rate, con una legge approvata dal Parlamento austriaco dopo un dibattito durato solo cinque mesi.

In totale, i 4 paesi europei che hanno vietato la parity, con quasi centomila hotel e circa 5,9 milioni di posti letto, possiedono più del 40% della capacità ricettiva alberghiera dell’Unione Europea ed ospitano ogni anno circa 830 milioni di pernottamenti.

A gennaio 2017, l’Antitrust turca ha comminato a Booking.com una multa di 2,5 milioni di lire turche (circa 650mila dollari), ritenendo che le clausole di parity siano restrittive della concorrenza.

In Svizzera, una delibera Consiglio degli Stati del 6 marzo 2017 ha incaricato il Consiglio federale di presentare le modifiche legislative necessarie a vietare le clausole di parità tariffaria nei rapporti contrattuali tra le piattaforme di prenotazione on line e gli alberghi. Il Consiglio Nazionale (secondo ramo del Parlamento svizzero) si dovrà esprimere entro fine settembre.

Pochi giorni fa il Governo del Belgio ha annunciato la volontà di adottare una decisione in materia di parity rate entro la fine dell’anno.

Categorie: Turismo