Il grido d’allarme e le principali richieste delle Federazioni aderenti a Confcommercio contro i rincari delle bollette di luce e gas.
“Le aziende, che con grande fatica stavano tentando di rimettersi in marcia dopo due anni devastanti, sono di nuovo in debito di ossigeno e non riescono a pagare le bollette. Sinora gli alberghi hanno resistito, ma guardiamo con preoccupazione a quel che potrà accadere nei prossimi mesi, con il prezzo dell’energia che continua a crescere e le condizioni generali del mercato a dir poco incerte, tra inflazione galoppante e avvisaglie di recessione”. Questo il grido d’allarme lanciato da Bernabò Bocca, presidente degli albergatori italiani, alla lettura dei risultati di un’indagine condotta dal centro studi diFederalberghi, che ha esaminato nel dettaglio le bollette emesse da 15 gestori, relative a un campione di oltre 2.000 camere d’albergo, di tutte le regioni italiane.
La bolletta energetica degli alberghi italiani ha raggiunto il livello record di 3,8 miliardi di euro, con un costo medio di circa 120.000 euro per ciascuna struttura (94.000 per l’energia elettrica e 26.000 per il gas), che aumenta con progressione geometrica. In media, il conto del mese di luglio 2022 è risultato più che triplicato rispetto a luglio 2021. Significa che oltre il 18% del volume d’affari del settore viene assorbito dal pagamento delle forniture di energia elettrica e di gas.
Bocca sottolinea che “per far quadrare i conti dovremmo aumentare in modo consistente i prezzi. Ma molte aziende e intere località, non disponendo di spazi di manovra, sono costrette a valutare alternative dolorose. Chi va incontro alla bassa stagione, caratterizzata dal calo dei prezzi e del tasso di occupazione delle strutture, dovrà anticipare il momento della chiusura. E anche tra le aziende che solitamente rimangono aperte tutto l’anno, c’è chi sta considerando seriamente la possibilità di chiudere durante l’inverno, prima che l’accensione dei riscaldamenti faccia saltare del tutto i conti”.
La prima urgenza, secondo Federalberghi, è la sterilizzazione degli aumenti, fissando un tetto al prezzo del gas e dell’energia elettrica e riconoscendo un credito di imposta che compensi gli aumenti record sin qui registrati. “È una misura che serve a tutte le nostre imprese – ha proseguito Bocca- e sarebbe una beffa se gli aiuti venissero riservati solo ai cosiddetti settori energivori che già in passato hanno beneficiato degli incentivi. È inoltre importante inoltre sancire il diritto alla rateizzazione delle bollette, che oggi viene accordata dai gestori in base a criteri discrezionali. Altrettanto importante è la possibilità di far accedere alla cassa integrazione i dipendenti delle aziende che sospenderanno l’attività, senza costi per i datori di lavoro e con un pacchetto di ore ad hoc”.
Bocca conclude ricordando che “alle misure necessarie per fronteggiare l’emergenza si deve affiancare la promozione del ricorso alle energie rinnovabili, eliminando i vincoli all’installazione dei sistemi fotovoltaici nei centri storici e consentendo la realizzazione di comunità energetiche anche tra soggetti che non sono alimentati dalla stessa cabina di trasformazione”.
Caro energia: a rischio la produzione di pane artigianale
L’aumento esponenziale dei costi utenze del gas e dell’energia elettrica, il cui impatto sul fatturato è balzato in media dal 5 al 20%, pone a serio rischio la tenuta delle imprese della panificazione. “Abbiamo non più di sessanta giorni davanti . Il rischio è che tra un paio di mesi il pane artigianale possa sparire dalle tavole degli italiani. Le piccole e medie imprese di questo passo scompariranno lasciando spazio ai grandi operatori industriali”: è il grido d’allarme lanciato dal presidente di Assipan-Confcommercio, Antonio Tassone, che chiede al Governo di stabilire un “adeguato e tempestivo credito d’imposta” che compensi l’incremento del costo energetico, nonché un tetto massimo ai costi, già applicato con successo in altri Paesi europei come la Spagna e il Portogallo. Altrimenti, secondo le prime stime prudenziali, da qui alla metà del 2023 rischiano di andare perse fino a 1.350 imprese, con una perdita di circa 5.300 posti di lavoro.
Assipan Confcommercio ritiene dunque indispensabile l’immediato inserimento delle imprese della panificazione fra quelle energivore e chiede di procedere alla revisione della fissazione dei prezzi del gas sul mercato TTF, ossia l’indice di borsa del gas sul mercato dei Paesi Bassi, dal quale “sarebbe opportuno sganciarsi”, e di valutare la possibilità di praticare prezzi del gas legati ai contratti di fornitura, cioè sulla base dei prezzi all’importazione che sono notevolmente più bassi di quelli del mercato TTF. Secondo l’Associazione, infine, “il contesto economico attuale richiede di riconsiderare l’attivazione della moratoria sui finanziamenti in essere per un periodo di almeno dodici mesi, cosi come avvenuto in piena emergenza pandemica. Senza questi interventi immediati, il pane artigianale, bene primario per eccellenza, potrebbe presto mancare sulle tavole degli italiani”.
Costi fuori controllo, allarme della filiera farmaceutica
I costi che derivano dalla drammatica crisi energetica che sta seriamente mettendo a rischio le forniture dell’intera filiera della salute sono ormai insostenibili. Il grido d’allarme lo lanciano Adf-Confcommercio, Farmindustria, Eguali, Assoram, Federfarma Servizi e Federfarma, chiedendo che la filiera venga considerata, come durante la pandemia, comparto essenziale al quale assicurare continuità e sostenibilità della fornitura di gas, energia elettrica e carburanti per il trasporto. Il rincaro esorbitante del 600% rispetto a un anno fa comporta rischi reali anche per la sopravvivenza delle stesse imprese, un’escalation inarrestabile che si sta abbattendo anche sulle aziende della distribuzione primaria, intermedia e finale del farmaco, tanto più che le imprese della filiera non possono trasferire nemmeno in parte i maggiori costi sui prezzi dei medicinali con prescrizione.
“In vista dell’autunno, con la necessità di garantire le nuove campagne per i vaccini anti-Covid e con la stagione influenzale alle porte, è indispensabile assicurare tutte le condizioni per garantire ai cittadini la disponibilità in farmacia di medicinali, vaccini, dispositivi medici e prodotti sanitari, disponibilità che oggi appare invece sempre più a rischio. È perciò nell’interesse comune del Paese e del nostro sistema sanitario che il ruolo svolto dalle imprese del settore, operatori privati al servizio delle esigenze della collettività, venga tutelato attuando ogni intervento per permetterne l’indispensabile sostenibilità economica a tutto il comparto”, dicono congiuntamente le Associazioni firmatarie dell’appello.
Agis: “situazione sempre più drammatica”
“Lo spettacolo ha già patito troppo la pandemia. Servono maggiori risorse”. Carlo Fontana, presidente di Agis, l’Associazione Generale Italiana dello Spettacolo aderente a Confcommercio, lo ha scritto al ministro della Cultura, Dario Franceschini, chiedendo interventi urgenti per sostenere il rincaro dei consumi energetici. “Sa bene quanto il settore dello spettacolo abbia subito enormi difficoltà in fase di pandemia: blocco delle attività, calo degli incassi, limitazioni stringenti. Con grande fatica si stava provando a risalire la china ed è intervenuta la pesante crisi economica legata al caro energia che sta creando ulteriori e notevoli conseguenze drammatiche per il settore”, si legge nella lettera.
“L’incremento generale dei costi energetici e l’aumento del costo dei carburanti stanno intaccando fortemente la sostenibilità economica delle attività portando alla possibile cancellazione di molte date di spettacoli in programmazione, oltre a disincentivare il pubblico alla partecipazione. Tutto ciò a forte discapito delle imprese e con serissimi rischi di ricadute occupazionali”. “Alla luce del perdurare della situazione di assoluta incertezza – conclude il presidente Agis – segnaliamo l’improcrastinabile esigenza di prevedere nei prossimi provvedimenti che il Governo si appresta ad emanare significativi interventi a supporto del settore dello spettacolo”.
Assopetroli: “riscaldamenti spenti per 30 giorni in più”
Riscaldamenti spenti per trenta giorni in più contro il caro energia. Questa la proposta avanzata dal segretario generale di Assopetroli-Assoenergia, Sebastiano Gallitelli, in una lettera al ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani. “Al fine di implementare un piano concreto e realmente misurabile di risparmio energetico, Assopetroli-Assoenergia invita il Governo a valutare come misura alternativa la riduzione della stagione termica di 30 giorni, da attuarsi mediante l’accensione ritardata degli impianti di 15 giorni e lo spegnimento anticipato di ugual periodo”, si legge nel testo. “Tale riduzione, differenziata per zona climatica, si applicherebbe a tutti quegli impianti alimentati con gas metano o con altri vettori che risentono degli effetti (sia sui prezzi che sulla disponibilità) del conflitto russo-ucraino e consentirebbe una riduzione del 10% dei consumi annui delle famiglie, alla quale si sommerebbero ulteriori risparmi conseguibili dalle Pubbliche Amministrazioni e dal terziario“, conclude l’Associazione aderente a Confcommercio.
Federazione Moda Italia: a rischio il 10% dei negozi di moda
Caro energia e inflazione rischiano di mettere al tappeto 178.127 negozi di moda, tessile, abbigliamento, calzature, pelletterie e accessori in Italia in cui operano 293.497 addetti. A lanciare l’allarme sul rischio chiusura di almeno il 10% delle attività commerciali della moda è il presidente nazionale di Federazione Moda Italia-Confcommercio, Giulio Felloni, che chiede alla politica attenzione verso un settore che contribuisce in maniera importante al Pil, alla vitalità dei centri storici e all’attrattività turistica delle nostre città: “dopo le restrizioni e le chiusure, peraltro non ristorate in maniera soddisfacente, le bollette di gas e luce sono un ulteriore colpo da ko per molti negozi che faranno fatica a rialzarsi. Sono costi che impatteranno sicuramente sulla tenuta e sui bilanci delle aziende. Chiediamo pertanto alle istituzioni come dovremo comportarci e chi pagare per primi tra bollette energetiche, tasse, fornitori, affitti, stipendi e servizi. Le nostre aziende si stanno impegnando per contenere i prezzi e rendere appetibili i prodotti destinati a un consumatore sempre più attento e con una capacità di spesa invariata. Basti pensare che ad agosto l’inflazione è schizzata all’8,4%, ma le variazioni tendenziali di abbigliamento e calzature sono aumentate solamente dell’1,7%. Non vogliamo perdere ulteriori vetrine e insegne di negozi che svolgono una funzione sociale, oltre che economica, perché rispondono alle esigenze di aggregazione, di sicurezza e di normalità”.
In sintonia con le richieste di Confcommercio, Federazione Moda Italia lancia un appello alle forze politiche e al Governo con tre punti fondamentali:
- l’intervento immediato sul caro energia che possa compensare gli insopportabili rincari per i negozi di moda;
- un credito d’imposta sui canoni di locazioni commerciale oltre al blocco degli aumenti Istat;
- l’indispensabile riduzione del cuneo fiscale.
“Serve, inoltre – conclude Felloni – un’assunzione di responsabilità da parte dei fornitori di energia e gas che, in questo periodo, realizzano consistenti utili senza riversarne i vantaggi sulla collettività. Federazione Moda Italia vuole continuare a dare coraggio e fiducia alle imprese che resistono, a quelle che potrebbero aprire ed anche ai collaboratori e ai dipendenti che condividono con le aziende questo difficile momento”.